QUALE E’ IL PUNTO DI LEVERAGE OTTIMALE?
Nel nostro precedente articolo, questa era la domanda finale di un ragionamento. Ricordando che il leverage è dato dal rapporto tra debito finanziario (Debt) e patrimonio netto (Equity), indicheremo tale rapporto con la sigla D/E. Ricordiamo che, all’aumentare del debito, aumentando il rapporto di leverage, si ha una modifica del valore dell’impresa, come risulta in figura “Leverage e Valore“.
Dal punto zero, in cui il valore dell’impresa, come abbiamo visto, corrisponde al valore dell’Equity, il valore aumenta all’aumentare del livello di leverage; la crescita è dovuta, come noto, all’effetto dello scudo fiscale del debito (tax shield). Prima del punto di massimo si è in una area di creazione di valore. Dal punto M in avanti si entra in una area di distruzione di valore. Si noti che si distrugge valore, come rappresenta la curva, con una discesa rapida, ed una inclinazione superiore a quella della curva nella parte ascendente della figura. Oltre al punto Z l’impresa vale meno di quanto non valga con capitale di rischio soltanto.
Che cosa spiega tale andamento? Si veda la figura “Spirale negativa del debito“.
Cerchiamo di comprendere cosa succede quando il peso del debito è molto elevato. In tale situazione, gli oneri finanziari sono molto alti. Questo significa un elevato valore in moneta, derivante da un elevato tasso di interesse. Quando il tasso di interesse assume valori molto elevati, tecnicamente si parla di BANKRUPTY COSTS. Significa che il rischio finanziario produce molto stress; in tale situazione di tensione infatti, molta cassa, cioè molta liquidità aziendale, va alle banche per remunerare il costo del debito.
All’aumentare del rapporto di leverage (D/E) aumenta così il rischio di fallimento; se l’impresa è più rischiosa, tuttavia, la banca è disposta a correre maggiore rischio a fronte di maggiore interesse, quindi aumenta il tasso di interesse. In altri termini possiamo dire che aumenta il costo del denaro, perché la banca pretende un pagamento del rischio maggiore. Come si vede in figura, i costi di fallimento rappresentano quindi un fenomeno che porta all’aumento del tasso di interesse, generando una spirale.
Ma il tasso di interesse è l’unico elemento di costo del debito? No, perché il costo del debito, come noto, è determinato anche da altre componenti; vi sono i costi di agenzia del debito. Il debito è costoso, e aumenta in maniera crescente perché tiene conto di incentivi ai comportamenti opportunistici che hanno i soggetti finanziati. Che natura hanno allora tali costi? Sono costi che hanno lo scopo di disincentivare, appunto, comportamenti opportunistici.
In questa situazione di stress finanziario si pone il problema dell’Asset Substitution. Il termine vuol dire sostituzione di attivi poco rischiosi con attivi rischiosi. Perché si dovrebbe determinare questa situazione? Per la ragione che deriva da un eccesso di stress finanziario, verificandosi un incentivo a sostituire investimenti poco rischiosi con investimenti rischiosi. È un incentivo che aumenta più che proporzionalmente, man mano che ci si indebita. Immaginiamo di avere una azienda molto indebitata con cui tutto il flusso di cassa unlevered sia eroso dagli oneri del debito. Ipotizziamo ora che il nuovo manager si trovi ad ereditare questa situazione, che supponiamo derivi da scelte non pienamente consapevoli del passato, oppure da errori di valutazione.1
Che incentivo ha il manager2 in tale situazione?
Il management aziendale potrebbe ritenere che poiché non si riesce ad accumulare ricchezza, in quanto gran parte della cassa è erosa dal peso del debito, allora si abbia la convenienza ad abbandonare i progetti tradizionali e sicuri a fronte di progetti nuovi e più rischiosi. Facciamo un esempio, estremizzando il concetto, ai fini della discussione.
Si supponga che esista, per ipotesi, un progetto molto rischioso, che è caratterizzato al 95% da esito statistico negativo e al 5% da esisto statistico positivo. Se si verifica l’esito positivo il progetto realizza 10 milioni di euro, ma se si verifica quello negativo il progetto vale zero. Definiamo tale progetto, evidentemente azzardato, ipotesi B.
Esiste poi una ipotesi di business tradizionale, nella quale il progetto può dare al 50% un risultato di € 300.000,00 ed al 50% un risultato di € 100.000,00; tale ipotesi è quindi molto più modesta dal punto di vista del risultato massimo ottenibile, ma più cautelativa in termini di ipotesi minimale.3 Definiamo tale progetto tradizionale ipotesi A.
In termini statistici il progetto A ha questo risultato atteso: (dati in €/000)
Allora prima, con la situazione A, l’azienda aveva un range di variabilità bassa e un risultato atteso di 200. Ma il dramma di questa azienda è che, supponiamo, gli oneri finanziari sono molto elevati.
Supponiamo, per ipotesi:
OF = 180
Dove OF = oneri finanziari.
Quindi il cash flow è quasi tutto assorbito dal debito, poi supponiamo che ci sia una cassa minima promessa agli azionisti; è evidente che il management si trovi in difficoltà. Allora potrebbe esserci un forte incentivo ad andare verso il caso rischioso, che abbiamo definito ipotesi B. In alta percentuale questo progetto non ha cash flow; in tal caso il management sa che l’azienda porta i libri in tribunale. Ma il ragionamento cinico del management potrebbe essere: se la situazione non cambia, tanto vale dare tutto alle banche.4 Ma attenzione, sa anche se si verifica quel 5% l’impresa ottiene € 10.000, e quindi rimborsa il debito e ottiene un grande profitto.
Si ha cioè il seguente calcolo delle probabilità (Asset substitution):
E poi si riparte, pensa l’imprenditore, magari con progetti più tranquilli.5
Tale atteggiamento non è tuttavia gradito dal sistema bancario che concede il capitale di debito.
Come si cautelano, notoriamente, le banche?
Ci sono, logicamente, 4 modi:
Allora, tornando al nostro ragionamento, osservando il grafico della curva del valore, ci chiediamo: quale è il punto ottimale? Il punto ottimale è quello in cui i benefici del tax shield sono compensati dall’onere finanziario. Matematicamente, è il punto in cui la derivata prima è zero. E’ cioè il flesso, dove i benefici marginali del debito sono pari al costo marginale del debito. Vale cioè la relazione, in quel punto:
UCF10= costo (monetario) del capitale
Nel costo monetario, entrano i costi di interesse ma anche i costi di rimborso del capitale. Allora abbiamo trovato una relazione. Si pongono matematicamente 3 casi:
Si distrugge valore quando gli unlevered cash flows sono minori del costo del capitale (parte della discesa della curva). Si crea valore quando gli unlevered cash flows sono maggiori del costo del capitale (parte in salita della curva). Il punto di flesso, cioè quello con massimo di valore, è quello in cui gli unlevered cash flows sono esattamente pari al costo del capitale. Esiste un altro modo di rispondere? Dobbiamo ricordare il concetto di leva finanziaria.
Posto che:
ROE = RN / E
Dove:
ROE = return on equity
RN = reddito netto
E = equity, capitale netto
La formula additiva è:11
Dove:
ROI = return on investment (reddito operativo sul capitale investito)
OF = oneri finanziari
MT = mezzi di terzi finanziari
D / E = DER, debt equity ratio, rapporto tra il capitale di debito ed il capitale di rischio
t = aliquota fiscale sui redditi persone giuridiche
i = OF / MT = costo del debito
Il nostro problema è trovare quel valore i nel quale il valore impresa è massimo. Se il rapporto D/E è la incognita allora si può imporre:
(ROI – i) = 0
cioè:
ROI = i
Infatti, se:
Quindi nel punto della curva dove ROI = i.
Possiamo dire in altre parole che è il punto in cui la redditività investimento è uguale all’onerosità dell’investimento. E’ il punto in cui il leverage, cioè il rapporto debito sul capitale proprio è pari a zero. Allora quale è il punto in cui si crea il massimo valore di impresa?
Questi sono i due modi per rispondere:
1) UCF = costo del capitale
2) ROI = i
Secondo la (1) è il punto in cui i flussi di cassa unlevered sono pari al costo del capitale. Secondo la (2) è il punto in cui la redditività dell’investimento è pari alla onerosità del finanziamento. Abbiamo quindi trovato due relazioni fondamentali.
Vi è un terzo modo di rispondere? Esiste, in effetti, un terzo modo, che otteniamo se moltiplichiamo ambo i membri della (2) per il capitale investito.
Moltiplichiamo allora la relazione (2) per il CI (capitale investito). Cosa otteniamo?
ROI * CI = i * CI
Dove:
CI = capitale investito
Ora che abbiamo moltiplicato per il capitale investito, cioè moltiplicato ambi i membri della relazione (2) per CI, esaminiamo ambo i membri dell’equazione. Gli oneri finanziari sono dati dal tasso di interesse per il capitale investito; quindi se moltiplichiamo il tasso i per il capitale investito cosa otteniamo? La grandezza OF (Oneri finanziari); questo è il secondo membro. Vediamo ora il primo membro. Se moltiplichiamo il ROI per il capitale investito cosa otteniamo?
Noi sappiamo che, per definizione:
ROI = EBIT / CI
Infatti, il ritorno sugli investimenti è dato dal reddito operativo in rapporto al capitale investito.
Possiamo allora scrivere:
EBIT = CI * ROI
Sostituendo:
Otteniamo la (3):
3) EBIT = OF
Abbiamo così trovato un terzo modo di rispondere al quesito iniziale: il punto di massimo è il punto nel quale il reddito operativo è pari agli oneri finanziari del debito.
Possiamo trovare un ulteriore risposta? Dobbiamo ricordare il concetto di indicatore economico di valore aggiunto.
Nel 1987 è stato introdotto12, a supporto delle analisi finanziarie, il concetto di Economic Value Added; EVA è l’indicatore di valore aggiunto economico, cioè di valore creato.
In formula:
Il differenziale ROI – WACC rappresenta un differenziale tra tassi di interesse.
E’ un indicatore di semplice lettura13:
Ancora una volta questo indicatore è coerente con gli altri 3 ragionamenti sopra esposti: una azienda crea valore quando consente un ritorno dell’investimento, maggiore del costo sostenuto per finanziarlo. Come possiamo allora leggere tale indicatore? L’indicatore dice, semplicemente, che si crea valore in azienda quando il tasso di ritorno generato di un investimento è maggiore del costo monetario dell’investimento.
In altri termini:
Il differenziale tra il ROI (return on investment) ed il WACC (weighted average cost of capital) è una relazione fondamentale della moderna teoria della finanza.
Si osservi, tuttavia, che il concetto di EVA è legato alla formula della leva finanziaria, ben più datata. La formula EVA è però più precisa, in termini di finanza, perché considera non solo il costo del debito, ma il WACC, cioè il costo medio ponderato del capitale.14
Cos’è allora, l’indicatore EVA?
EVA (Economic Value Added) misura la differenza tra il reddito operativo dopo le imposte e il costo del capitale impiegato per ottenerlo.
Nel seguito:
EVA = NOPAT – WACC * CI
NOPAT (Net Operating Profit After Taxes) = reddito operativo dopo le imposte
WACC (Weighted Average Cost of Capital) = costo medio ponderato del capitale raccolto
CI = capitale investito
La formula si può riscrivere come:
EVA = (NOPAT / CI – WACC) * CI
dove:
NOPAT / CI = (circa) ROI
quindi:
EVA = (ROI – WACC) * CI
E’ un indicatore fondamentale di redditività perché:
EVA > 0 se (NOPAT / CI – WACC) >0
cioè se (circa) ROI > WACC
I passaggi sopra esposti hanno consentito di comprendere meglio le relazioni.15
Quindi abbiamo due ipotesi:
ROI > WACC : EVA positivo
ROI < WACC : EVA negativo
AI fini della nostra analisi:
Allora, abbiamo capito quale sia il punto di indebitamento ottimale per un’impresa, cioè siamo in grado di rispondere alla domanda iniziale, e fornire una quarta risposta.16
Il punto di indebitamento ottimale è il punto di massimo, in cui EVA assume valore 0, cioè dove:
(4) ROI = WACC
Riassumiamo, a fini di maggior chiarezza espositiva, le quattro relazioni che abbiamo trovato. Tutte, indicano il punto di indebitamento ottimale di una impresa. Tale punto soddisfa le seguenti relazioni:
(1) UCF = costo del capitale
(2) ROI = i
(3) EBIT = OF
(4) ROI = WACC
Possiamo allora trarre delle conclusioni operative per rispondere a una semplice domanda: posto che una impresa che, in condizioni di economicità, non si indebiti, sta distruggendo valore17, quale è il punto teorico di massimo indebitamento? Cioè, detto altrimenti, di quanto dovrebbe indebitarsi l’impresa per massimizzare il suo valore?
La risposta sopra articolata, in realtà, ribadisce, in modo diverso, lo stesso concetto. Il punto di massimo indebitamento possibile è quello nel quale i flussi di cassa unlevered sono pari al costo del capitale, cioè il punto in cui il return on investment è pari al costo del debito. Ma tale punto, per quanto dimostrato, è anche il punto in cui il reddito operativo è pari agli oneri finanziari, o più correttamente ancora, il punto in cui il return on investment è pari al weighted average cost of capital.18
Siamo quindi ora in grado di rispondere, in modo metodologicamente corretto e scientificamente rigoroso, a una domanda che, quotidianamente, ogni imprenditore, nello svolgimento della sua attività, si pone19. Siamo cioè in grado, ora, di determinare il punto teorico di massimo indebitamento, differente da impresa a impresa.
Tuttavia, come noto, l’imprenditore non opera nel piano teorico, ma in quello effettivo, sul mercato dei capitali. Posto che conosciamo quindi il punto di indebitamento ottimale, la domanda diventa un’altra: è anche quello sostenibile?
E’ quello che scopriremo nel nostro prossimo articolo.
ARTICOLO CONTENUTO IN “SFC – Rivista di Strategia Finanza e Controllo” N° 3 –
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